Il Marchese Giugni di Camporsevoli
Correva l’anno 1705, il feudo di Camporsevoli era saldamente posseduto dal marchese Giugni, quando avvenne una strana questione giuridica fra quest’ultimo e il Granduca di Toscana.
Giovanni Andrea Morganzi, vassallo di Camporsevoli, uccise con un colpo di archibugio il fratello Morganzio. Il processo che seguì si concluse con la condanna alla forca del Morganzi, pronunciata in contumacia. Come da prassi, il vicario di Camporsevoli inoltrò la sentenza per la ratifica del Granduca, mentre Morganzi, latitante, veniva arrestato nei pressi di Perugia e condotto nelle carceri di Siena. L’estradizione del condannato a Camporsevoli venne concessa, tuttavia non fu mai attuata, perché nella complicata questione s’inserì il Collegio Medico di Siena con una specifica richiesta al Granduca: concessione, avvenuta l’esecuzione, del corpo del Morganzi per eseguire specifiche osservazioni anatomiche.
Per una migliore analisi anatomica, inoltre, si richiedeva espressamente di posticipare l’esecuzione, prevista per agosto, a dicembre e di procedere per strangolamento e non per impiccagione.
Data la ferma opposizione del marchese, i deputati del Collegio Medico produssero un memoriale, firmato dal Morganzi, in cui s’impugnava la sentenza del vicario di Camporsevoli contestando, per un “difetto” d’investitura, lo ius sanguinis al Giugni. In considerazione delle motivazioni addotte, l’esecuzione prevista a Camporsevoli per il mese di agosto veniva temporaneamente sospesa.
Abbiamo un’importante testimonianza del conflitto giurisdizionale e diplomatico venutosi a creare nella lettera scritta il 24 settembre 1709 dal marchese Giugni ad un funzionario senese:
“Riconoscendomi dunque molto offeso in affare di tanta importanza alla mia giurisdizione, ho fermamente stabilito che i miei vassalli siano in avvenire puniti con la sola pena della galera, anco in delitti più atroci del fratricidio, per non aggravarmi di spese, di fastidi, e d’amarissimi disgusti.
Giacché la mente di codesto Auditore generale è palesemente unita a secondare il genio di altri supremi Ministri, congiurati a sostenere la dilazione, e non l’adempimento della sentenza potrebbesegli proporre questo partito. Che non avendo io alcuna ripugnanza di sacrificare la vita del mio vassallo al pubblico benefizio di codesta Università, dovrei perciò riportarne l’esenzione offertami da ogni spesa del carnefice, e dei famigli che lo accompagnano; stante sempre più fermo il tenore della sentenza ch’egli sia prima impiccato e poi consegnato per farne anatomiche considerazioni”.
L’offesa ricevuta per il mancato rispetto della sua autorità giuridica, dover provvedere al mantenimento dell’omicida nelle carceri di Siena fino al compimento della sentenza e dover sostenere anche le spese del carnefice portarono il Marchese Giugni ad una risolutiva, quanto innovativa, decisione: abolizione della pena di morte nel suo feudo anche per i colpevoli di omicidio.
Per questi motivi settantasette anni prima della Legge Leopoldina del 1786, nel marchesato di Camporsevoli si decretò l’abolizione della pena di morte.
Nell’autunno del 1709 il Marchese Giugni e il Collegio Medico giunsero ad un placito compromesso: dilazione della sentenza, morte del Morganzi per impiccagione come previsto dal tribunale di Camporsevoli, esonero da tutte le spese necessarie.
Il 14 dicembre 1709 il Morganzi fu impiccato a Siena:
“A dì 14 dicembre 1709, in sabbato si fece giustizia e fu impiccato Giovanni Andrea Morganzi da Camporsevoli, marchesato del marchese Giugni, per havere ammazzato un suo fratello con archibusata; e subito che fu impiccato, fu portato allo Spedale, da servi di detto Spedale per far notomia pubblica; la fecero il Pellegrinaio e il Lettore fu il signor Dottor Calvisi, con l’assistenza di molti dottori cerusici, e altri, e duronno giorni 8”.